GIOVEDÌ 2 NOVEMBRE 2023
Dialogo con don Pio Lovetti, da anni sacerdote della chiesa della Resurrezione
La parrocchia vissuta come appartenenza
Massimiliano Bellinzoni
Quando si è chiamati a dover chiedere ad un sacerdote, che come compito specifico ha l’annuncio della parola di Dio, cosa pensa dei rapporti tra la Chiesa e il mondo, tanto più mentre celebra i cinquant’anni di sacerdozio, si intrecciano domande che vanno ben oltre il normale ambito della preghiera o il suo personale parere nei confronti della comunità cui è inviato.
L’intervista a don Pio Lovetti (nella foto), già “Difensore del Vincolo” nel tribunale ecclesiastico di Genova, la sua diocesi di provenienza, parte dalla volontà di conoscere come vive la sua esperienza di pastore conciliando fraternità e vita di chiesa.
Don Pio, spesso tiene conferenze in Italia e all’estero: quali argomenti di maggior rilievo tratta nei suoi convegni?
Essenzialmente tendo la mano ogni giorno verso coloro che cercano l’aiuto alla preghiera e alla conoscenza della Bibbia. Dopo gli studi alla Gregoriana, l’allora arcivescovo Siri mi invitò a porgere la Parola di Dio perché fosse capita, accolta e pregata, per poi essere testimoniata, prima ai sacerdoti e alle suore, quindi ai giovani e da tempo ormai all’intera comunità cristiana. Per fortuna, non fui mai privato del ministero in una parrocchia, anche se, per motivi logistici, la mia residenza cambiò svariate volte.
Cosa può dire della parrocchia della Resurrezione? Tanti o pochi fedeli seguono le funzioni?
Il modo con cui i fedeli si avvicinano alla chiesa è molto mutato negli anni. Contiamo circa 1500 parrocchiani residenti nel nostro territorio, tuttavia la parrocchia territoriale non esiste più. In compenso viene scelta, perché sono le esigenze [o meglio il pathos, NdR] a determinare la partecipazione che è legata alle relazioni e alla vita concreta della comunità. I fedeli sentono il bisogno di essere integrati all’interno di una comunità, di far parte di essa, anche se distante dalla propria abitazione, purché si sentano accolti perché Dio è padre di tutti. Oggi si ha bisogno
di sicurezza e fiducia in un Dio di misericordia: per citare il primo documento di papa Francesco (“Evangelii Gaudium”), si cerca la gioia del Vangelo da cui deriva ogni responsabilità di testimonianza nella Chiesa e per il mondo, mentre tutto sta cambiando.
I giovani del rione sono religiosi, trova che abbiano contatti con la religione?
Purtroppo, la mancanza di giovani è tangibile. La mentalità e il linguaggio della Chiesa nel proporre la fede stanno evolvendosi: le verità sono sempre quelle, ma il modo di esprimerle non risponde alle attese e al modo di ragionare dei giovani. Tutto avviene molto lentamente, anche se Gesù si dimostra un maestro di comunicazione. Questa lentezza genera drammatiche sofferenze nelle comunità cristiane, e radicali allontanamenti dei giovani e non solo di loro. Così, spesso, la Chiesa non è comprensibile; ed infine non si possono tacere gli scandali.
Oggi, d’altronde, anche le nuove generazioni hanno serie difficoltà: c’è sempre da augurarsi che abbiano la capacità di cercare un equilibrio interiore stabile mentre sono bombardate da suggestioni e notizie che generano anche confusione e illusioni. Qui entrano in gioco, tra l’altro, adulti e guide spirituali che sappiano ascoltare perché i giovani siano incoraggiati ad utilizzare le notevoli risorse che in ogni campo il mondo offre, pur in così radicale e repentino cambiamento. Abbiamo la fortuna di vedere i nostri ragazzi migrare alla parrocchia di San Rocco, una volta finito il catechismo da noi, poiché lì la pastorale è ben strutturata e, anche per la presenza di don Cristiano, giovane sacerdote, offre un valido aiuto.
Come sono i rapporti con le altre parrocchie e come vede il futuro delle parrocchie vogheresi?
Si è passati da parroci solitari in parrocchia, alla collaborazione tra i sacerdoti delle diverse parrocchie. Nelle parrocchie di Voghera, grazie a don Marco, esistono costruttive e importanti collaborazioni e la sinergia tra le varie comunità religiose è più viva. Alcuni esempi: la pastorale giovanile, quella familiare, in particolare in prossimità del matrimonio, la pastorale della carità e dell’accoglienza. Per quanto riguarda come si organizzeranno parrocchie, comunità e servizi ecclesiali in futuro è difficile a dirsi e in effetti, come affermava il vescovo a noi sacerdoti nell’ultimo nostro incontro con lui, si procede per tentativi.
Come vede la comunità dal punto di vista sociologico e sociale?
Ho già anticipato che la parrocchia cambia sociologicamente poiché domina oramai la scelta per essa e non più la territorialità. La Chiesa, nel sinodo ha voluto anche laiche e laici con diritto di voto: cerca di essere parte attiva e dialogante con tutti. La Parola di Dio resta sempre il perno centrale del dialogo al suo interno e con la società.
Non molto distante dalla parrocchia della Resurrezione è sorta la chiesa degli ortodossi, che rapporti ci sono?
È vero ed è stata inaugurata di recente. Ovviamente tutto è nato dall’aumento della popolazione ortodossa che si è trasferita nel nostro Paese. Don Catalin e noi sacerdoti vogheresi intratteniamo ottimi rapporti e teniamo insieme incontri interconfessionali, il che alimenta la sinergia tra le comunità.
Un’ultima domanda, ringraziandola anzitutto per averci pregiato del suo tempo e del suo spazio, oltre a ricordare il suo servizio sacerdotale quotidiano: quale futuro c’è in vista per la chiesa della Resurrezione?
Il nome stesso della parrocchia ricorda che siamo chiamati ad andare al di la della splendida immagine di Cristo sulla croce. Cristo è risorto! E cerchiamo un segno che anche liturgicamente lo esprima. Tuttavia, dopo il cinquantesimo anniversario della costruzione della chiesa e del mio sacerdozio, l’Arch. Leoni e il suo team, assistenti storici di Padre Costantino, hanno deciso di fare un regalo alla parrocchia: al posto del crocifisso ci sarà un simbolo della Resurrezione di Gesù e speriamo di vederlo attuato il prima possibile. Nutriamo una vera speranza: ha un futuro di vita e di testimonianza cristiana la piccola comunità della Resurrezione.
Giornale di Voghera 2023_36_Pagina 07
Chiesa della Resurrezione al Rondò Carducci: oltre il convenzionale
Massimiliano Bellinzoni
Uno spartiacque nella concezione e nella percezione dello spazio sacro è determinato dalla riforma liturgica 1 decretata dal Concilio Vaticano II, il 4 dicembre 1963 e voluta da papa Paolo VI, che con le sue istruzioni applicative è da subito diventata operativa. Da quel momento trovavano attuazione le istanze di rinnovamento sostenute da decenni dal movimento liturgico, recuperando elementi e canoni antichi della liturgia liberandola così da rituali fondamentalmente di matrice barocca. La costituzione sulla sacra liturgia “Sacrosanctum Concilium” si propose di revisionare e rinnovare non solo i principi generali, i riti sacramentali o il mistero eucaristico, anche l’espressione della musica e dell’arte sacra si vedevano travolte da una sorta di modernità sia di comunicazione sia di concetto. Lo spazio architettonico sacro cambiava la sua percezione, rispetto ad un passato in cui la diversità stilistica non intaccava comunque la continuità del concetto spaziale per così dire “classico”. Nella distribuzione degli interni, per esempio, spariva la tradizionale pluralità di altari, per fare dell’eucarestia il centro dell’unica mensa.
Le forme volumetriche, vocate a custodire i fedeli, uscivano dalla tipica pianta a croce greca e/o latina e si configuravano mediante una morfologia più libera nell’orientamento, nella ricerca della luce naturale, nella sagoma, ecc.
Questi statuti hanno accompagnato l’architettura sacra dagli anni ’60 del secolo scorso e permangono oggigiorno; gli architetti sono stati chiamati a risolvere nuove sfide e come diceva Pier Luigi Nervi (autore dell’aula liturgica in Vaticano), nel lontano 1968, «niente di ciò che il passato ci ha tramandato può servire da guida».
Dunque dalla seconda metà del 1900 la chiesa si è rivoluzionata ed ha accolto a se nuovi stilemi, ha cambiato le sembianze e gli aspetti funzionali di cui molti esempi si trovano diffusi in Italia e nel mondo.
Nella città di Voghera, oltre alle già citate chiese (cfr. GdV n. 24 e 25 di giugno 2023) della Natività di Maria Vergine (denominata “degli artisti” nel rione San Vittore) e del Gesù Divin
Lavoratore (chiesa del quartiere Pombio), la parrocchia della Resurrezione sita in strada Oriolo al civico 7 abbraccia questa filosofia compositiva per così dire “moderna” (nda), morfologicamente sobria ed essenziale ma allo stesso tempo innovativa per i canoni convenzionali.
Voluta da Padre Costantino Ruggeri e approvata con decreto del Vescovo Giovanni Canestri del 12 ottobre 1973 è stata progettata dall’arch. Enrico Decorato, lo stesso autore della chiesa del Gesù Divin Lavoratore, con autorizzazione edilizia ricevuta da parte del comune di Voghera solo nel 1977, in seguito ad articolate vicissitudini in materia urbanistica e catastale definitivamente
risolte nello stesso anno.
1 https://www.treccani.it/enciclopedia/l-edilizia-sacra-dalla-restaurazione-al-xxi-secolo-architettura-delle-nostalgie_%28Cristiani-d%27Italia%29/
I-Segue
Giornale di Voghera 2023_37_Pagina_07
Chiesa della Resurrezione: rimando architettonico alla capanna della Natività
Massimiliano Bellinzoni
Il termine “parrocchia” sembrerebbe derivare dal greco παροικία (paroikìa), composto da due termini παρα e οικέω che assumono, insieme, il significato di “abitare vicino”.
Essa è l’articolazione più decentrata della Chiesa cattolica ed è il luogo e il soggetto insieme della cura pastorale ordinaria. Dalle parole di Paolo VI1: “[…] la parrocchia è un prodigio sociale, una bellezza sociale… Qui siete uniti da una rete di rapporti spirituali, qui vi volete bene… vi unisce il vincolo della carità… Badate che questo è il cemento che fa di una popolazione così varia e così diversa e così sparsa un cuor solo e un’anima sola. […] L’originaria vocazione e missione della parrocchia è essere nel mondo luogo della comunione dei credenti, e insieme segno e strumento della vocazione di tutti alla comunione […]”.
Oltre alla sottile interpretazione delle parole di papa Palo VI, filosofia e sociologia che insieme si fondono nella spiritualità, è curioso pensare perché lo stesso papa abbia pensato alla citazione del “cemento” come figura retorica o qualsivoglia parabola di senso per dare un insegnamento morale (forza e unione).
Il sodalizio sembra addirittura trasmigrare dalla sfera linguistica all’arte applicata, meglio all’architettura come opera prima inventata nell’antichità per dare riparo ad una collettività.
Forse il concetto della capanna, qui intesa nella sua forma più nobile (primordiale esempio di architettura nella storia del mondo) appare quanto più logica, nella fabbrica della
chiesa della Resurrezione, se cerchiamo di comprendere il significato delle parole di Paolo VI. Forse lo è stato anche per il progettista, l’arch. Enrico Decorato, la cui mente ha di certo
intrepretato, in chiave moderna, le regole del “Sacrosanctum Concilium”.
La parrocchia della Resurrezione di strada Oriolo in Voghera, custodita dal parroco pro tempore don Pio Francesco Lovetti che proprio questo settembre 2023 festeggia il suo 50° sacerdozio, presenta una volumetria che si articola in un’unica navata alla quale si accede da un nartece con funzione di atrio coperto a protezione dell’ingresso principale.
Entrambe le connotazioni presentano una copertura a due falde, appunto cosiddetta a “capanna”, la chiesa maggiormente aggettante verso l’alto per lasciare spazio ad una vetrata decorata che accoglie la luce solare da sud oltre a percepire l’ampia impronta del volume contenitivo, il portico invece più basso risulta l’ardica che fa da tramite tra l’ambiente esterno e quello interno come fosse un filtro, una sorta di rapporto tra significato e significante.
Il significante, infatti, è qui da intendere come il gruppo di elementi che costituiscono la forma (cioè l’involucro) mentre il significato è il contenuto del-la forma stessa e del messaggio che in essa si trasferisce.
La struttura calcolata dall’arch. Dionigi Campanini2 è semplice, la capanna si erige da un sistema di portali in cemento armato (piedritto o pilastro che sorregge la travatura) inclinati sulla verticale ed emergenti dalle murature in “piombo” dei tamponamenti, il tutto conclusosi sotto alla linea di gronda delle falde di copertura che risulta intervallata da due abbaini.
La chiusura degli abbaini, così come le finestre sottostanti, è garantita dalle vetrate dipinte con colori caldo-freddi che fanno trapelare al suo interno una luce policromatica facente parte del messaggio artistico che Padre Costantino amava diffondere.
La costruzione della chiesa, iniziata nel 1977 ad opera dell’impresa locale Bressani e Doria e che vede anche una cripta seminterrata attualmente adibita ad auditorium, si è completata nel 1980 con la sua inaugurazione.
1https://www.parrocchiaresurrezionevoghera.org/cose-la-parrocchia/
2Si ringrazia per le informazioni il geom. Emilo Marini e don Pio Lovetti.
Giornale di Voghera 2023_38 Pagina 07
Le eredità artistiche di Padre Costantino nella Parrocchia della Resurrezione
Massimiliano Bellinzoni
Dopo l’inaugurazione nel 1980, la fabbrica della Parrocchia della Resurrezione ha subito altri interventi collaterali, come le sistemazioni dei piazzali esterni, l’installazione delle panchine in granito e il miglioramento di alcune linee impiantistiche, ma la sistemazione definitiva degli interni del presbiterio e del confessionale è avvenuta nel 1985 con il progetto dell’arch. Luigi LEONI, figura chiave nello sviluppo dei progetti che nascevano dalla mente di Padre Costantino Ruggeri. Padre Costantino (Adro, 1925 – Merate, 2007), creatore della Fondazione Frate Sole (inizi degli anni ’90 il cui termine si riferisce al Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi), amava citare le parole “mi è toccata la grazia e la gioia di aver identificato la mia fede nell’arte e la mia arte nella fede“ e amava l’architettura e tutte le sue forme artistiche derivate. Padre Costantino1 compie gli studi classici nei conventi francescani di Saiano e di Sabbioncello e quelli teologici nel convento di Busto Arsizio, ove realizza un ciclo di affreschi. Alla pittura dedica la sua giovinezza, sotto la guida e la stima di Mario Sironi (celebre pittore italiano), tanto che terminati gli studi e ordinato nel 1951 sacerdote nel Duomo di Milano dal cardinal Schuster si iscrive all’Accademia di Brera, ove frequenterà le lezioni dal 1958 al 1962, ricevendo al termine
degli studi il diploma di scultura con una tesi sui simboli epigrafici cristiani delle catacombe con relatore Luciano Minguzzi. Da quel periodo inizia la dedizione per la pittura e la scultura sacra su terracotta e ceramica, intreccia incontri con artisti e architetti del calibro di Fontana, Dova, Capogrossi, Crippa, Le Corbusier e Alvar Aalto. Da quest’ultimi, Padre Costantino, alimenta la volontà di unire all’arte anche lo studio dello spazio sacro, con il progetto di varie cappelle, e la ricerca di nuove forme. Collabora con alcuni architetti italiani, tra cui Figini e Pollini (autori dei
palazzi Olivetti a Ivrea), Giò Ponti (autore grattacielo Pirelli a Milano), Ignazio Gardella (autore edifici Borsalino ad Alessandria) e Nervi (autore sala udienze in Vaticano), per la costruzione di nuove chiese e, appassionatosi al tema, affronterà assieme all’architetto Luigi Leoni (attuale Presidente della Fondazione Frate Sole) che lo affiancherà fino alla sua morte, la realizzazione di propri progetti di architettura sacra come chiese e complessi parrocchiali, santuari, cappelle e cenacoli di preghiera di istituti religiosi. Occorre sottolineare che agli inizi degli anni ’60 molte sono le esperienze di vetrate con cristalli colorati di Murano incastonati in pannelli di cemento e dal 1966, invece, inizia la serie di vetrate artistiche in vetro antico soffiato legate in piombo.
Molto di questi concetti li ritroviamo nelle vetrate della Parrocchia della Resurrezione di Voghera, finestroni cromatici per i quali Padre Costantino era solito poetizzare: “si spalanca il cielo e irrompe in un fiume scintillante che ruscella sul pavimento, mentre le ombre fuggono negli angoli e non le vedi più. Di notte è la luna a condurre la danza”. La chiesa è intrisa dei lasciti filologici artistici e compostivi di Padre Costantino, la cui cura oggi è affidata allo studio dell’arch. Leoni che, dalle parole trapelate nell’omelia di Don Pio Lovetti in una domenica di tarda estate, sarà sicuramente impegnato anzitempo nell’abbellimento della nostra Parrocchia vogherese. Non si svelano ancora i dettagli, ma noi rimaniamo trepidamente in attesa!
1Citazione presa da https://www.padrecostantino.it/padre-costantino-ruggeri/
2https://www.parrocchiaresurrezionevoghera.org/cose-la-parrocchia/
III- Fine