Testo Gv 20,19-31
(edizione Bibbia CEI 2008)
19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. 22Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”.
24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”.
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: “Pace a voi!”. 27Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”. 28Gli rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. 29Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”.
30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Commento a cura del Gruppo Donne
Tommaso, fortemente credente
Tommaso è un discepolo importante nel Vangelo di Giovanni; il suo nome viene ripetuto per sette volte – il numero sette significa ‘la totalità, la completezza’ – e il suo soprannome è Dìdimo, che significa gemello, quindi gemello di Gesù, ovvero persona in forte sintonia con lui. Questo soprannome gli è dato quando, al momento di andare da Lazzaro per risuscitarlo, i discepoli si impauriscono ma al contrario Tommaso afferma che allora anche loro andranno a morire con lui, mostrando la massima sintona con il sentire di Gesù.
Se Pietro aveva riconosciuto in Gesù ‘il figlio del Dio vivente’, quindi figlio di Dio, Tommaso arriva a riconoscere “Mio Signore e mio Dio” (formula liturgica del tempo dell’autore sacro), la più alta professione di fede di tutti i Vangeli, pronunciata da quello che normalmente vien bollato come il discepolo incredulo e che ha bisogno di segni tangibili.
Ma notiamo che anche quando Gesù ritorna per la seconda volta dai discepoli, loro stanno ancora a porte chiuse. Sono ancora impauriti e scioccati dai fatti che sono successi, nonostante abbiano già ri-visto Gesù. Ci indica che anche loro erano rimasi increduli. In questa situazione, come poteva Tommaso credere, che a differenza di loro non aveva nemmeno visto Gesù?
Credere è avere la vita
Meditiamo sulla frase finale “credendo, abbiate la vita nel suo nome”: ci indica che la fede ci aiuta a vivere. La presenza del dubbio aiuta a credere, Tommaso aiuta gli altri a credere. Il Tommaso che è in noi ci aiuta a rafforzare la nostra fede, perché ci interroghiamo.
La traduzione del termine ebraico “Shalom” = “Pace” è un po’ riduttiva, i quanto il termine indica l’augurio di vivere in pienezza, non solamente in pace. Le prime parole che Gesù risuscitato pronunzia ai suoi sono un invito alla piena felicità, in pace con gli altri e con il creato.
Messaggio per chi?
I Vangelo di Giovanni è stato scritto intorno al 100 d.C. da un comunità che non aveva conosciuto direttamente Gesù e che necessitava di rafforzare la propria fede, così come noi oggi necessitiamo.
Un messaggio importante di questo brano è che la Parola è più importante del vedere e del toccare.
Meditiamo sul fatto che Gesù mantiene la sua parola di ritornare e donare lo Spirito; per sua iniziativa va incontro ancora una volta ai discepoli. Nonostante i discepoli lo avessero abbandonato, lui non li abbandona. Una grande consolazione per affrontare le nostre mancanze.
Ritorna nel giorno della domenica che veniva celebrata come momento della salvezza, del passaggio della paura alla gioia.
Il potere di perdonare
Il potere di perdonare nella comunità giovannea era dato a tutti i credenti, i quali avevano tutti gli stessi doni e responsabilità. Al contrario, nel corso della storia a questo brano si è fatto appello per legittimare il potere del clero di rimettere o meno i peccati. Meditiamo sulla coscienza di ciascuno come luogo teologico.
Rimettere i peccati non è cosa semplice, perché occorre che la persona si senta perdonata e perdoni se stessa. Con quali parole, con quali atti possiamo comunicare il perdono, fare arrivare la misericordia di Dio, testimoniarla?