Testo Mc 9,2-10
(edizione Bibbia CEI 2008)
2Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. 6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. 8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. 10 Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Commento a cura del Gruppo Donne
Mistero e fede
Come poter comprendere quanto vissuto da Pietro e gli altri? E’ difficile anche solo intuire cosa possa essere stata questa manifestazione divina, definita con il termine di trasfigurazione. L’evangelista stesso non riesce a descriverla, riferendo quanto affermato da Pietro, il quale a sua volta non ha avuto probabilmente parole per dire l’esperienza. Vengono allora descritte almeno le vesti, la luce abbagliante, la voce: aspetti che possiamo comprendere.
Meditiamo che la fede è anche accettazione di qualcosa che non capiamo, perché umanamente non abbiamo gli strumenti per farlo. Questa incapacità di descriverla ci induce a pensare che non si tratti di un avvenimento ingigantito: al contrario ci fa pensare che tutto ciò sia davvero successo, qualcosa di straordinario e indescrivibile.
I discepoli si spaventano, non capendo cosa sta succedendo, e questo ci consola quando ci troviamo a sperimentare il nostro limite umano.
In questo racconto l’evangelista trasmette fiducia ai discepoli, e a noi, che la morte in croce e resurrezione di Gesù è un evento di gloria. Il corpo di Gesù diventa luce: nella Genesi, la luce è la prima creatura di Dio, e Dio stesso è la luce, e il bianco è il colore della Pasqua, vittoria sulla morte.
La trasfigurazione
Trasfigurazione significa cambiare la figura. Gesù si presenta in modo diverso, ci chiede di guardare la realtà in modo diverso. Come ad esempio quando le persone non benestanti appaiono più felici di chi non avrebbe motivo di lamentarsi, mostrando la capacità di vedere e di trovare gioia.
Il passaggio dal deserto alla montagna aiuta ad avere una visuale diversa. Come si arriva alla trasfigurazione? Attraverso l’ascolto della Parola, come dice l’esortazione del brano: ascoltatelo! Ascoltare la Parola-Gesù con le sue radici, Mosè e la legge, Elia e i profeti.
Condividiamo che la trasfigurazione è la possibilità di vedere la realtà con uno sguardo più profondo, uno sguardo che va oltre, superando i limiti di spazio (dall’alto dalla montagna) e di tempo, infatti Elia e Mosè sono vissuti in tempi diversi.
Rappresenta la possibilità di avere relazioni di bellezza che illuminano reciprocamente le persone e che le elevano. E’ anche la possibilità di vedere Dio decostruendo gli stereotipi, che ce lo fanno immaginare maschio, anziano, ecc..
La contemplazione
E’ bello stare qui: se da una parte sembra una frase un po’ sciocca, dall’altro può essere invece interpretata come la gratitudine per potersi fermare a contemplare Dio, quando normalmente si deve correre dietro ai propri impegni. Tuttavia, dopo la salita verso Dio, Gesù fa tornare tutti nel concreto della vita quotidiana, scende e riprende con il cammino di conversione e cura delle persone, verso Gerusalemme.
Isacco
(significato del nome: quello per cui si ride, proviene dalla reazione di sua madre Sara all’udire la profezia della sua nascita, perché era anziana e sterile)
La prima lettura suscita turbamento e ci chiediamo perché sia liturgicamente agganciata all’episodio della trasfigurazione.
Meditiamo sul fatto che Dio, impedendo che venga sacrificato il primogenito, si mostri sotto una diversa prospettiva, cioè sia trasfigurato, rispetto a quanto tradizionalmente praticato da popoli che praticavano il sacrificio dei primogeniti come forma di culto (quando si fondava un santuario o una nuova città, ndr). Un’altra interpretazione che emerge è che in questo modo il Signore fa capire ad Abramo che il figlio non è suo in quanto sua proprietà, ed a noi che i figli non sono proprietà dei genitori.
Inoltre consideriamo che si assiste a un cammino di conversione di Abramo, che avviene salendo la montagna. Grazie a questa salita dolorosa, sarà poi in grado di comprendere che la volontà del Signore è diversa da quella che lui pensava.