Testo Mt 22,1-14
(edizione Bibbia CEI 2008)
1 Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2“Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7 Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13 Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”.
Commento a cura del Gruppo Donne
Il re e la festa di nozze
Il re è Dio che prepara un regno e invita tutti a partecipare. Non si siede nella sala del banchetto, che rappresenta il nostro mondo (non era usanza che il re lo facesse) ma accoglie tutti gli invitati, cioè tutti gli esseri umani.
Il regno è qui paragonato a un momento fra i più gioiosi nella vita per indicare che il regno è felicità. La convivialità, cioè condivisione del cibo nella gioia, è elemento ricorrente nel messaggio evangelico. Ancora di più, le nozze come segno dell’amore fra i coniugi, indicano che il regno è luogo di amore.
I servi-profeti
I servi mandati a chiamare gli invitati sono i profeti, che sono stati maltrattati (nei versetti poco prima Gesù faceva riferimento a Giovanni Battista). Si evidenzia che nella traduzione dal greco questa azione non è solo un trattare male generico ma indica molto disprezzo e tracotanza. Come la presunzione di poter vivere senza Dio.
Chi sono i servi-profeti di oggi? Ad esempio, le persone che sono state ammazzate per la loro fede vissuta, come mons. Oscar Romero e don Pino Puglisi, così come le persone che sono state messe ai margini dalla Chiesa ufficiale, come don Milani. Tanti nomi si potrebbero fare. Consideriamo che forse sono profeti anche le persone che incontriamo ogni giorno, nel momento che ci interpellano con i loro bisogni.
I crocevia-periferie
Il significato originale dal greco per “gli angoli delle strade” non indica gli incroci ma piuttosto i punti nei quali le strade urbane finiscono e iniziano quelle extraurbane. Come dire che i servi vengono mandati alle periferie, così spesso citate da Papa Francesco.
L’abito nuziale-cambiamoci!
L’abito nuziale era soprattutto un abito pulito. E’ metafora della pulizia interiore, del cambiamento di mentalità che serve per avvicinarsi al regno: dobbiamo “cambiarci” l’abito, fare concretamente qualcosa per il bene, non solo “atteggiarci”.
Individuiamo anche un avvertimento: dobbiamo essere “pronte”, perché l’invito può arrivare in qualsiasi momento (riferimento alla parabola delle vergini con le lampade). Dobbiamo anche essere pronte a lasciare questo mondo in qualsiasi momento, sapendo di non avere lasciato questioni in sospeso.
La distruzione della città e la misericordia
Nella stranezza della distruzione della città seguita dall’invito al banchetto, che sarebbe poco plausibile, si evidenzia il monito che è stato inserito appositamente da Matteo. Il quale si rivolgeva alle prime comunità cristiane nel momento in cui stavano un po’ allontanandosi dalla fede. Il linguaggio è forte e tipico da Antico Testamento, perché nel messaggio di Gesù prevale sempre la misericordia e il perdono, non i castighi.
Meditiamo che la misericordia e il perdono presuppongono un pentimento o comunque una conversione reale della persona. Ma quando la persona non è consapevole, non si converte per una sua incapacità dovuta all’ambiente nella quale è cresciuta e/o ad altri vari fattori? Se la misericordia è non discriminante possiamo ritenerci salvate a prescindere dalle nostre azioni? Non abbiamo risposte definitive, continuiamo a cercarle.